SOMEWHERE IN TIME: I TESTI
Il 1986 vede una piccola svolta nel classico sound della vergine di ferro che, pur rimanendo intricato e fortemente melodico, incentrato sui duelli di chitarra e sull'epica tipica della band, acquisisce nuove sfumature grazie all'introduzione dei sintetizzatori. Per quanto capace di causare qualche discussione tra i fans tradizionalisti, il disco é un altro capolavoro, anche se lascia trasparire un senso di malinconia più spiccato rispetto al passato. L'evocativa opener Caught Somewhere In Time, una trascinante galoppata tra melodie tonanti e maestose, é un pezzo leggermente ironico, che parla di un individuo affascinato dall'idea di viaggiare nel tempo, per correggere i propri sbagli e far girare tutto a proprio favore; un giorno qualcuno gli offre questa favolosa opportunità, ma chiede in cambio la sua anima: Come un lupo nei panni di una pecora, tu cerchi di nascondere i tuoi peccati più profondi e tutte le cose sbagliate che hai fatto; io so dove sei, il tempo è sempre dalla mia parte. Ti faccio un offerta che non puoi rifiutare, hai solo la tua anima da perdere: per l'eternità, lasciati semplicemente andare. L'epica Wasted Years, basata su un riffing ed un chorus divenuti ormai celebri, é stata scritta da Adrian Smith ed é un suo personale invito a godersi il presente, senza rimpiangere il passato, gli "anni sprecati": anche qui c'é un flebile collegamento alla vita on the road, anche se nonostante la nostalgia insita nei viaggi planetari resta un brano positivo, perché questi sono gli anni d'oro, usali finché puoi. I versi sono molto toccanti ed introspettivi: Dalla costa d'oro, per i Sette Mari viaggio in lungo e in largo, ma adesso mi sembra di essere estraneo a me stesso e che non sia io a fare tutte le cose che a volte faccio, ma un altro. Chiudo gli occhi pensando a casa, un'altra città se ne va nella notte. Non è buffo? Non si sente la mancanza di certe cose finchè non le hai perse. E il mio cuore giace lì, e lì giacerà sino al giorno della mia morte. Allora, cerca di capire: non sprecare il tuo tempo rimpiangendo quegli anni perduti! Solleva il viso, e lotta, renditi conto di stare vivendo i tuoi anni migliori! Ho troppo poco tempo a disposizione, tu sei nei miei pensieri, non puoi calmare facilmente questo dolore, quando non riesci a trovare le parole per esprimerlo, e diventa dura resistere un giorno ancora. E questo mi fa venire voglia di piangere, e tendere le mani al cielo. L'assolo melodico é qualcosa di straordinario, commovente a dir poco. La potente Sea Of Madness, retta da una tosta sezione di basso, ha per protagonista un individuo che osserva la condizione di miseria e follia nella quale sguazza l'umanità e cerca di distaccarsene, oppure se ne avvicina lui stesso: Come l’aquila e la colomba, vola così, in alto sulle ali, quando tutto ciò che vedi ti può mettere soltanto tristezza. Come un fiume, scorreremo verso il mare, quando tutto ciò che fai ti può mettere soltanto tristezza, fuori, sul mare di follia! Ancora una volta é dominante la melodia, ma particolarmente struggente é la soffice sezione centrale, riflessiva e pacata, splendidamente adeguata al testo narrato da Bruce. L'ariosa Heaven Can Wait parla di qualcuno che, imemrso in un sonno profondo, sente il suo spirito elevarsi ed abbandonare il corpo, guardandolo dall'alto; osserva la luce bianca (tipicamente descritta da chi ha vissuto esperienze extracorporiali), ma si rifiuta di seguirla, manifesto della determinazione di vivere fino in fondo la propria vita: È questo il momento, è possibile che l’angelo della morte sia venuto per me? Non posso credere che la mia ora sia giunta per davvero! Non mi sento pronto, ci sono così tante cose che non ho fatto, si tratta della mia anima, e non la lascerò andare via! Il Paradiso può attendere, ho voglia della terra di sotto, e lo stesso Inferno è il mio unico nemico! Perchè non ho paura di morire: me ne andrò quando mi sentirò bene e pronto. L'intero disco poggia prevalentemente su tematiche di natura misteriosa, che nelle nostre domande perenni vengono spesso accostate ai percorsi dell'anima e alle pieghe di un destino forse già tracciato, come nel caso di Deja Vu, che parla della sensazione di quando ci sembra di affrontare una situazione conosciuta, rivivendo un luogo, un dialogo o un incontro conosciuto ma di cui abbiamo ricordi vaghi, forse perché visti solo in sogno: Hai mai avuto una conversazione che ti rendi conto di aver già avuto prima: non è strano? Hai mai parlato a qualcuno sentendo di sapere quel che succederà dopo; sembra sia prestabilito! Perché lo sai che lo hai sentito prima, e senti che questo frammento temporale è reale! Perché sai quando riconosci il deja-vu! Il primo riferimento letterario del disco si ha con The Loneliness Of The Long Distance Runner, ispirata all'omonimo libro del 1959 di Alan Stillitoe (poi divenuto film, nel 1962, trasmesso in Italia col titolo Gioventù, Amore e Rabbia): un giovane ribelle, finito in riformatorio per una rapina, viene scelto per rappresentare l'istituto in una gara di corsa: in caso di vittoria, sarebbe stato liberato prima del dovuto. Il ragazzo si accorge di essere un "mezzo", usato dalle istituzioni in cerca di prestigio, e il testo ne rispecchia le riflessioni interiori: Devo continuare a percorre il mio cammino, devo continuare a correre e vincere a tutti i costi, devo continuare ad essere forte, devo essere determinato e spingere me stesso. Musicalmente il pezzo é ricco di svariati cambi di atmosfera e prolungate sezioni strumentali di stupenda melodia. La sinistra ed ancheggiante Stranger In A Strange Land prende il titolo dal romanzo omonimo fantascientifico di Robert A. Heinlein (1961), anche se i contenuti non ne rispecchiano fedelmente le tematiche: i versi maideniani, vergati dalla penna di Smith, si ispirano più che altro ad alcuni articoli di giornale, i quali raccontavano il ritrovamento del corpo di un vecchio marinaio morto, perfettamente conservato tra i ghiacci del polo; il testo é scritto dal punto di vista del protagnista e viene infuocato dall'ennesimo guitar solo avvolgente e trepidante: Straniero in terra straniera, terra di neve e ghiaccio. Sono intrappolato qui, una prigione, sperduto e lontano da casa! Cosa ne è stato degli uomini che iniziarono? Se ne sono andati via tutti, e le anime sono morte. Mi hanno lasciato qui, in questo posto, tutto solo... Sono trascorsi cento anni, e di nuovo gli uomini hanno percorso questa strada per trovare una risposta al mistero; hanno trovato il suo corpo, lì dove cadde quel giorno, preservato nel tempo, perché fosse visto da tutti. Capolavoro assoluto del platter è Alexander The Great, uno dei pezzi migliori mai scritti dagli Iron Maiden: uno spaccato di riff, arpeggi, fraseggi, melodie avvolgenti e atmosfere epiche che é un esempio superlativo del sound tipico e maestoso della vergine di Ferro, così come in passato lo erano stati brani come Hallowed Be Thy Name o Rime Of The Ancient Mariner: naturalmente, Alexander The Great narra della vita e delle imprese del grande conquistatore macedone Alessandro Magno, e lo fa con la solennità e l'imponenza regale che il personaggio merita, risultando assolutamente da brividi. Steve Harris stava leggendo la storia di questo mitico stratega e conquistatore e, trovandola fantastica per una canzone, ha voluto utilizzarla, sotto forma di un elenco cronologico dei fatti (pur con alcune semplificazioni) che gli ha portato via parecchie ore di lavoro: le sezioni strumentali centrali, dalle sfumature più disparate, le melodie eroiche e la prolungata, bollente sezione solista, sono da puro delirio. Con una prestazione coinvolgente e cavalleresca, Bruce Dickinson canta le gesta di Alessandro: Figlio mio, chiedi per te stesso un altro regno, perchè quello che ti lascio é troppo piccolo per te. Vicino all'est, in una zona dell'antica Grecia, in un'antica regione chiamata Macedonia nacque un figlio di Filippo di Macedonia; la leggenda diceva che il suo nome era Alessandro. All'età di diciannove anni divenne il re dei macedoni e giurò di liberare tutta l'Asia minore, a partire dal mar Egeo; nel 334 a.c. sconfisse totalmente gli eserciti della Persia: Alessandro il Grande, il suo nome incuteva paura nei cuori degli uomini, Alessandro il Grande, divenne leggenda tra gli uomini mortali. Re Dario il terzo, sconfitto, fuggì in Persia, gli Sciiti caddero al fiume Giaxarte, allora anche l'Egitto cadde in mano al re macedone e lui fondò una città chiamata Alessandria. Al fiume Tigri incontrò nuovamente re Dario e lo schiacciò ancora nella battaglia di Arbela, entrando a Babilonia, e a Susa trovò tesori; prese Persepoli, capitale della Persia; un re Frigio aveva legato un giogo del carro, Alessandro l'ha tagliato: la leggenda dice che colui che avesse sciolto il nodo sarebbe diventato il padrone dell'Asia. Diffuse l'ellenismo in lungo e in largo, la mente istruita macedone: la loro cultura era un modo di vivere occidentale, lui aprì la strada per il Cristianesimo, marciando sempre più. La faticosa battaglia marciando fianco a fianco: l'esercito di Alessandro linea dopo linea. Non vollero seguirlo in India, stanchi del combattimento, del dolore e della gloria: Alessandro il Grande, il suo nome incuteva paura nei cuori degli uomini; Alessandro il Grande, morì di febbre a Babilonia. Impossibile non sentire i brividi sulla propria pelle, ascoltando la musica e le parole di pezzi come questo, che -oltre a sottolineare l'essenza colta di una band, gli Iron Maiden, fortemente attiva sul versante della storia e del sapere- permettono di sviluppare anche tra i fans più giovani un interesse affascinante verso materie, soggetti ed opere storiche di questo livello.

Nessun commento: